Dopo anni di contrasti giurisprudenziali, l'articolo 23, comma 1-bis, del D.L. numero 207 del 2008 è intervenuto sull'articolo 2 del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 504, che definisce l'ambito oggettivo di applicazione dell'allora ICI, oggi IMU, fornemdone un'interpretazione autentica (ovvero un'interpretazione fornita direttamente dal legislatore ed alla quale si devono attenere tutti gli operatori giuridici), in base alla quale non si considerano fabbricati, ai sensi e per gli effetti dell'imposta comunale sugli immobili, le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità: insomma i fabbricati rurali non pagano l'IMU. Successivamente, ad ulteriore precisazione della questione, la Corte di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni unite numero 18565 del 21 agosto 2009 è intervenuta ulteriormente chiarendo che deve considerarsi fabbricato rurale quello iscritto in catasto nelle categorie dedicate (A6 abitazione rurale, oppure D10 fabbricato per funzioni produttive connesse alle attività agricole). In particolare, per quanto concerne la categoria D10, precisa la Suprema Corte che la ruralità dei beni immobili strumentali all'attività agricola deriva dall'essere essi oggettivamente adibiti all'attività rurale: il contribuente che, per un fabbricato strumentale abbia ricevuto un accatastamento diverso ed intenda contestarlo dovrà pertanto fornire prova dell'effettivo utilizzo dell'immobile per un'attività che possa farsi rientrare tra quelle agricole o connesse all'attività agricola (ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile).
Per quanto riguarda l'attività di produzione e cessione di energia da fonti fotovoltaiche, la legge numero 81 dell'11/03/2006, ha stabilito che, se questa è effettuata da un imprenditore agricolo, costituisce attività connessa, ma ne va sempre verificata l'effettiva complemmentarietà rispetto all'attività agricola principale. In merito alla definizione di complementarietà, l'Agenzia delle Entrate, con la circolare numero 32/E del 06/07/2009, ha precisato che si ha un'attività agricola connessa purché i terreni siano di proprietà dell'imprenditore agricolo o comunque nella sua disponibilità e siano condotti dall'imprenditore stesso, nonché siano ubicati nello stesso comune ove è sito il parco fotovoltaico, ovvero in comuni confinanti. Se poi il parco fotovoltaico produce oltre 200 KW di potenza nominale (la cui produzione si considera, per definizione, connessa all'attività agricola) la produzione eccedente può essere considerata attività connessa se sussiste uno dei seguenti requisiti:
- la produzione di energia fotovoltaica deriva da impianti con integrazione architettonica o da impianti parzialmente integrati, come definiti dall'articolo 2 del Decreto Ministeriale 19/02/2007, realizzati su strutture aziendali esistenti;
- il volume d'affari derivante dall'attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d'affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 KW;
- entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 KW di potenza installata eccedente il limite dei 200 KW, l'imprenditore deve dimostrare di detenere almeno 1 ettaro di terreno utilizzato per l'attività agricola.
A tutto ciò dobbiamo, però, aggiungere la posizione dell'Agenzia del Territorio alla quale, in ogni caso, è demandata la decisione in merito all'accatastamento del fabbricato destinato alla produzione di energia. In proposito dobbiamo citare la circolare del 26 settembre 2008 e la risoluzione d3 del 6 novembre 2008, con le quali l'agenzia ha precisato che gli impianti fotovoltaici, pur costruiti su terreni agricoli, ma destinati solo ai fini di produzione di energia, possono essere assimilati alle turbine delle centrali elettriche, e pertanto vanno classificati nella categoria D1.