giovedì 20 gennaio 2011

Com'è fatto un modulo fotovoltaico?

Il modulo fotovoltaico è il singolo pannello che compone un campo fotovoltaico. Può essere di tipo classico, ossia composto da un insieme di celle fotovoltaiche in silicio interconnesse elettricamente fra loro, o a film sottile in cui il semiconduttore, solitamente silicio amorfo, è spalmato su supporti che possono essere sia rigidi sia flessibili.

L'insieme degli strati che compongono il modulo fotovoltaico è detto sandwich. Il cuore del modulo di tipo classico è composto da fragili celle di silicio in forma cristallina, un semiconduttore che, se colpito da una fonte elettromagnetica, rilascia elettricità; più precisamente, i fotoni provenienti dal Sole forniscono l'energia sufficiente a permettere il rilascio di elettroni: è l'effetto fotovoltaico, osservato da Becquerel già nel 1839. Sulle celle sono chiaramente visibili i conduttori elettrici, saldati direttamente sui wafer, ossia le sottilissime fette di silicio.

Gli elettroni vengono raccolti nei conduttori posti sopra le celle e, grazie alla particolare struttura P-N delle celle di silicio (silicio drogato *), convogliati verso il basso, cosicché la corrente elettrica di tipo continuo generata da questo processo può essere facilmente riversata nel circuito elettrico. Le celle sono unite fra loro tramite strisce di metallo conduttore e assemblate fra due strati di acetato di vinile (EVA) su un apposito sostegno in materiale isolante e termico come il Tedlar, un polimero brevettato dalla DuPont.

E' fondamentale che il materiale utilizzato come supporto non sia soggetto alla dilatazione termica, poiché i moduli fotovoltaici tendono a surriscaldarsi. Per lo stesso motivo, all'interno del modulo possono essere inseriti dei diodi semiconduttori che evitano l'eccessivo calore. Analogamente, al momento della costruzione dell'impianto fotovoltaico, è opportuno prevedere una corretta aerazione del retro dei pannelli ed evitarne l'installazione sui cosiddetti "tetti caldi" tipici delle coperture piane.

L'ultimo strato del sandwich, quello che sarà direttamente esposto all'irraggiamento solare, è composto da un vetro protettivo stratificato antiintemperie (soprattutto grandine e neve) con trattamento antiriflesso dal lato che va a contatto con le celle, al fine di ottenere il più elevato assorbimento possibile di fotoni da parte del silicio. L'intero processo di assemblaggio viene effettuato in un ambiente privo di polvere, residui e umidità, e lo stesso sandwich viene poi sigillato ermeticamente in una cornice di alluminio: da esso sporgeranno soltanto i due connettori positivo e negativo, per il collegamento ad altri moduli in serie o in parallelo, e infine all'impianto elettrico che trasporterà la corrente continua all'inverter per la trasformazione in corrente alternata.

*NOTE: Il silicio.

Il silicio monocristallino ha il rendimento più elevato, è caratterizzato da una disposizione monodirezionale a formare un unico cristallo durante il processo di fusione per la produzione del wafer (ossia la cella priva di giunzioni elettriche), è di colore nero o nero bluastro uniforme ed è il più difficile e costoso da produrre. 

Il silicio policristallino è di colore blu/azzurro ed ha il caratteristico aspetto sfaccettato poiché è composto da più cristalli disposti in modo irregolare. Ha un rendimento inferiore rispetto al monocristallino ma ha le stesse caratteristiche di degrado e resistenza nel tempo.

Il silicio amorfo, grazie all'ausilio di gas tecnici, può essere depositato in strati sottili pochi micron su una grande varietà di superfici, e può derivare dagli scarti dell'industria elettronica.

Esistono altri composti che si comportano in modo analogo al silicio amorfo, parliamo, ad esempio, del telloruro di cadmio e dell'arseniuro di gallio. I moduli a film sottile in silicio amorfo o in altri componenti, pur avendo un rendimento inferiore in media del 40% rispetto al silicio cristallino, oltre che un maggior degrado iniziale nelle prime 300/400 ore di utilizzo, trovano largo impiego, per esempio, in caso di interventi architettonici particolari.

Al fine di aumentarne la conducibilità, il silicio che compone le celle viene sottoposto a drogaggio. Tramite questo processo assume la struttura detta P-N: si tratta di una lavorazione che viene effettuata a temperature elevatissime (dai 400° C ai 1000° C) grazie all'utilizzo di gas inerti che depositano ioni negativi e positivi. La parte superiore della cella è trattata con molecole debolmente negative (di solito fosforo o arsenico) che rilasciano elettroni mentre, la parte inferiore, viene trattata con molecole debolmente positive (in genere boro) che assorbono elettroni; questa differenza elettrica porta gli elettroni liberati dal silicio in superficie (grazie ai fotoni) al movimento verso il basso, e quindi aumenta il flusso di energia elettrica continua e la sua conseguente produzione ai fini pratici.

Credi che possa essere utile introdurre nelle scuole superiori una materia che si chiamerebbe "Educazione al Risparmio Energetico" al fine di informare i ragazzi in merito all'uso consapevole e responsabile anche dell'energia prodotta da fonti rinnovabili?