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lunedì 22 agosto 2011
Gli incentivi sulle energie rinnovabili nel mondo
La direttiva europea numero 28 del 2009 parla chiaro: entro il 2020, a livello europeo, la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili dovrà essere pari al 20% dei consumi complessivi. Per raggiungere questi obiettivi, un ruolo di primaria importanza è naturalmente affidato ai governi degli stati membri che sono chiamati dall'UE a mettere a punto politiche e strategie a sostegno di un settore dalle grandi potenzialità, ma che per ora non ha ancora maturato la capacità di reggersi da solo. Ecco perché, durante l'infinito dibattito che ha portato alla definizione del Quarto Conto Energia italiano, Gunther Oettinge, commissario europeo all'Energia, ha ricordato all'Italia che "per garantire lo sviluppo delle energie rinnovabili, il quadro interno d'incentivazione deve essere chiaro, stabile e prevedibile". Il che sembrerebbe un modo elegante per chiedere al nostro Paese di non fare colpi di testa e di continuare a perseguire l'obiettivo che gli è stato assegnato: l'Italia, naturalmente, deve contribuire anch'essa al raggiungimento dell'obiettivo del 2020, con una quota pari al 17% di energia prodotta da fonti pulite. Polemiche a parte, che l'UE abbia giocato un ruolo attivo nello sviluppo di questo settore, e che comunque sia stata ben supportata dai vari Governi, è innegabile. Già nel 2007, infatti, una ricerca di Nomisma sulle performance dei Paesi europei in fatto di energie rinnovabili, faceva constatare che l'Europa era la prima entità politica al mondo per la valorizzazione delle fonti di energia rinnovabili. Nell'ambito europeo, al primo posto si classificava, of course, la Germania, seguita da Danimarca, Spagna e Italia. E questo studio, soprattutto se letto a posteriori, già faceva rilevare quello che poi si sarebbe rivelato un vero e proprio campanello d'allarme se non addirittura un tormentone: il settore andava bene perché si reggeva su un sistema incentivante di un livello talmente elevato, tanto da condizionare considerevolmente il prezzo finale al consumatore, con un'incidenza sul costo totale dell'energia elettrica di circa il 4% del costo totale. E a questo proposito, proprio perché il sostegno a un settore può trasformarsi in qualcosa di davvero insostenibile per gli altri, oggi si può constatare come, sebbene l'UE continui a chiedere agli Stati membri sforzi per il raggiungimento di questi obiettivi, praticamente ovunque sia stato fatto un ritocchino (sempre al ribasso) delle tariffe incentivanti. Generalizzando, ora in Europa si assiste a un nuovo scenario: man mano che il settore delle rinnovabili si consolida, e man mano che i prezzi dei componenti diminuiscono, I Governi tendono a ridimensionare gli aiuti, al fine di sgravarsi di un peso che comunque incide sulle bollette energetiche di tutti. In altri termini, e al di là del recente caso italiano, volendo tracciare uno scenario veritiero e di sintesi della situazione incentivi in Europa, si rileva un po' ovunque la tendenza a contenere gli aiuti. Non solo, Ad essere onesti, si registra anche un certo disordine nel mettere insieme l'andamento dei mercati, le richieste da parte dell'UE e le politiche messe a punto dai singoli Governi. Un esempio per tutti arriva dalla Stiria (Austria) dove, negli ultimi mesi, a fronte di 8.000 impianti a cui è stato accordato il permesso di costruzione, ce ne sono altrettanti che non potranno essere realizzati, per lo meno per quest'anno. In questo Stato, infatti, vige la regola del tetto massimo di potenza installata, il che in effetti va a cozzare con i desiderata dell'UE che chiede l'incremento della quota di energia proveniente da fonti rinnovabili. Per quanto riguarda la capacità di far bene nel settore delle rinnovabili, l'esempio portato sul palmo della mano da tutti coloro che operano in questo settore è naturalmente quello della Germania. Ma anche qui, a gennaio di quest'anno, le ottime tariffe incentivanti sono state abbassate proprio perché, è stato rilevato, che sul lungo periodo il sostegno da parte dello Stato diventa troppo oneroso. L'esempio da non imitare, è invece quello della Spagna, che a fronte di un boom incontrollato dovuto a incentivi esageratamente generosi, stiamo parlando di 44 centesimi al kWh, nel 2009 ha dovuto battere in ritirata, non solo abbassando le tariffe, ma facendolo pure con effetto retroattivo e introducendo un tetto alla potenza incentivabile. Le conseguenze e le ricadute negative, come facilmente immaginabile, sono talmente tali e tante, che è inutile provare a elencarle. Infine, è assolutamente doveroso citare la vera e propria batosta che il Governo francese ha riservato ai suoi investitori: nuovi vincoli e soprattutto grandi tagli a un settore che a questo punto, è inesorabile, dovrà imparare a camminare da solo.