martedì 28 febbraio 2012

Nel fotovoltaico si espande il Gruppo Hera

Il Gruppo Hera continua a crescere nel fotovoltaico, con l'acquisto di altre due società attive nella produzione di energia solare. L'utility emiliana ha acquisito la Juwi sviluppo Italia 02' di Petriolo (Macerata) e la Ctg Ra di Faenza (Ravenna). Per quest'ultima l'acquisto si concretizzerà nelle prossime settimane, perché l'operazione è ancora soggetta al via libera dell'Antitrust. Le due società possiedono impianti fotovoltaici a terra con potenza installata di 1 Megawatt ciascuno. Questa potenza consentirà la produzione di circa 2.570 megawattora all'anno di energia elettrica, pari a un risparmio di emissioni in atmosfera di 1.241 tonnellate di CO2. Le due operazioni, realizzate dalla controllata Hera Energie Rinnovabili, si aggiungono agli acquisti di altre due società attive nel fotovoltaico, compiuti a inizio febbraio: Amon di Copparo (Ferrara) ed Esole di Alfianello (Brescia).

domenica 26 febbraio 2012

Impianti fotovoltaici in comodato d'uso

Cosa si intende precisamente quando si parla di impianti fotovoltaici in comodato d'uso? Volendo riassumere il concetto in poche parole, la cosa è di per se piuttosto semplice: è possibile prestare il proprio tetto e, in cambio, ricevere l'installazione gratuita di un impianto fotovoltaico. Inoltre, si avrà un risparmio sulla bolletta immediato, poiché, così facendo,  non vi sono costi d'installazione da ammortizzare. Al termine dei 20 anni, poi, l'impianto diventa di proprietà del proprietario del tetto, che può quindi continuare a produrre energia, senza però usufruire degli incentivi del Conto Energia che scadono appunto dopo venti anni. E' infatti doverosa una precisazione: durante i primi venti anni, il titolare del Conto Energia - e quindi colui che riceve gli incentivi - non è il proprietario del tetto, ma colui che ha installato l'impianto. Si tratta, in sostanza, di una sorta di affitto delle superfici - circa quello che è avvenuto fino a qualche tempo fa con i terreni agricoli - che, al momento, interessa maggiormente chi ha a disposizione tetti dalle dimensioni ragguardevoli, tipo quelli dei capannoni industriali. Ma è anche molto probabile che questa pratica si sviluppi e che vada a coinvolgere anche le piccole superfici, dunque quelle delle abitazioni.

domenica 19 febbraio 2012

Il Blackfriars Bridge di Londra sarà interamente coperto da pannelli fotovoltaici

Di certo un progetto ambizioso ma che, con tenacia e buona volontà sta prendendo corpo. E' la copertura di uno dei ponti storici di Londra, il Blackfriars Bridge! 4400 pannelli fotovoltaici comporranno, entro un anno, la copertura dello storico ponte vittoriano costruito alla fine del XIX secolo. L'energia prodotta dal ponte, stimata in 900 mila kilowattora, servirà al fabbisogno della vicina stazione ferroviaria, in via di riqualificazione così come gran parte degli edifici del quartiere. La riduzione delle emissioni di anidride carbonica è stimata in 511 tonnellate annue. Il progetto del Blackfriars Bridge fa parte di un più ampio piano di qualificazione energetica (il Network Rails Plan) da applicare alla costruzione di nuove stazioni ferroviarie che saranno dotate di coperture fotovoltaiche e di camini solari per permettere ai raggi solari di penetrare facilmente all'interno sostituendo, così, l'illuminazione artificiale. Si prevede, inoltre, la realizzazione di innovativi sistemi di recupero dell'acqua piovana.

giovedì 16 febbraio 2012

I mille usi del silicio cristallino nel fotovoltaico

Il silicio cristallino viene, oggigiorno, impiegato in molteplici dispositivi d'uso quotidiano, tanto che, molto spesso neanche ce ne rendiamo conto. Sempre meno invasivi e più, usando un termine forse un po' azzardato, complementi d'arredo, i nuovi pannelli fotovoltaici non sono solo funzionali al ruolo di produttori di energia, ma anche oggetti che è piacevole vedere se armonizzati al meglio con l'ambiente in cui viviamo. In quest'ottica si è mossa, ad esempio, la Enecom Italia che ha prodotto un modulo fotovoltaico in silicio cristallino dalle caratteristiche particolari: pesa soltanto 2 Kg al metro quadrato, è spesso 1 millimetro e mezzo, è infrangibile, impermeabile e riciclabile. Trova impiego praticamente ovunque, nelle pensiline, nei gazebo, negli ombrelloni, nonché in campo automobilistico, nautico e aeronautico. Nella gamma delle possibili soluzioni figurano due famiglie di prodotto: per camper e nautica, per il tempo libero. Questi ultimi, con potenze di 16, 18, 35 e 40 Wp, sono disponibili anche nella versione "piegata a libro" per il trasporto in una borsa o in uno zaino. Tutti sono provvisti di presa universale accendisigari a 12 V, che consente l'alimentazione dei differenti apparecchi elettronici. La loro leggerezza li rende adatti per dotare di energia autonoma molti oggetti del tempo libero come zaini, giacche a vento, borse per computer, carica batterie per dispositivi elettronici e così via.

giovedì 9 febbraio 2012

Cos'è il carbonverde?

Lo chiamano CBV o Carbonverde. La sua missione è produrre energia, visto che si tratta di un combustibile di nuova generazione. Made in Italy: è messo a punto nel cuore del Piemonte. La novità è nella sua composizione, dato che viene ottenuto dai rifiuti. Il sogno? Eliminare, o quantomeno ridurre le discariche, in cambio di energia pulita. Si tratta di un progetto in fase molto avanzata, frutto della collaborazione tra l'azienda Buzzi Unicem e il Consorzio per il trattamento dei rifiuti di Alba-Bra, che potrebbe presto prendere il via. Se la burocrazia non rallenterà l'innovazione, entro il prossimo anno si avvierà la prima fase: parte dei rifiuti raccolti in questo comprensorio nel cuore delle Langhe, dove vivono circa 170.000 persone, verrà trattato e macinato per produrre Carbonverde, che sarà smaltito negli impianti della Buzzi Unicem, secondo produttore italiano di cemento. Si parla di 10000 tonnellate annue sottratte allo smaltimento tradizionale, trasformate in materia prima a basso costo e utilizzabile a fini energetici. A regime, il quantitativo smaltibile arriverebbe a 35000 tonnellate, permettendo nel giro di qualche anno, quando la discarica che attualmente serve il territorio sarà satura, di risolvere il problema rifiuti senza costruirne una nuova. Le emissioni prodotte per bruciare il combustibile? I dati parlano di un significativo abbassamento rispetto all'uso dei materiali attualmente usati nel cementificio. Usando Carbonverde al posto di polvere di carbone o derivati del petrolio, si ridurrebbe notevolmente la produzione di anidride carbonica, e, dato che viene bruciato a temperature molto più elevate rispetto a quelle a cui lavorano gli inceneritori, si azzererebbe la produzione di diossina. Non restano nemmeno le ceneri, in quanto tutti i residui entrano a far parte del cemento prodotto. L'idea sta facendo scuola, dato che altri 3 consorzi si stanno interessando alle sue possibili applicazioni. La bontà di questa operazione si estende anche alla voce dei costi. Per portare a compimento tutte le fasi del progetto serviranno circa 10 milioni di euro. Non molto di più di quanto richiederebbe costruire una nuova discarica.

Com'è fatto il Carbonverde?

La sua ricetta, sulla carta, è molto semplice. E' composto per circa 3/4 dai rifiuti solidi urbani indifferenziati (RSU), in qualunque forma e composizione essi arrivino dalla raccolta delle città e per la restante parte da rifiuti assimilabili a quelli urbani, in gran parte provenienti dalle lavorazioni indistriali (RSAU). Il RSU viene trattato in modo da perdere umidità e ridurre la flora batterica, tramite un processo di essiccazione. Si aggiunge la frazione RSAU e, dopo aver separato le parti contenenti cloro (individuate grazie all'infrarosso), il tutto viene macinato e omogeneizzato, ottenendo una miscela che può variare dagli 0,2 ai 5 millimetri di spessore. Un processo che fornisce un propellente di ottima qualità in grado di sostituire il carbone o altri combustibili in cementerie e centrali termoelettriche, e ciò in elevate percentuali data la sua finezza e omogeneità. Il Carbonverde può essere prodotto inserendo nei normali impianti di trattamento rifiuti un "Rocket", cioè un mulino per la macinazione, del tutto simile a quelli usati per smaltire gli elettrodomestici. I passaggi non sono molti: cassonetto, trattamento, macinazione, bruciatura nel cementificio.

mercoledì 8 febbraio 2012

Come e dove smaltire i pannelli fotovoltaici non più funzionanti

Come e dove smaltire i pannelli fotovoltaici non più funzionanti? Tra le risposte che iniziano ad arrivare dal mondo industriale, una che senz'altro merita attenzione riguarda l'accordo di programma tra COBAT - Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo - e IFI - Comitato Industrie Fotovoltaiche Italiane - siglato non più di tre mesi fa. Con questo accordo, di fatto, nasce la prima filiera tutta italiana per la raccolta, il riciclo e lo smaltimento dei moduli fotovoltaici. Detto così, in effetti, potrebbe assomigliare a uno di quei tanti accordi che sembrano funzionare solo sulla carta. In realtà, aderendo al sistema Cobat, tutti i produttori di moduli fotovoltaici associati al comitato IFI, nonché i distributori e gli importatori operanti sul territorio italiano, potranno garantire ai propri clienti il ritiro ed il successivo riciclo dei moduli fotovoltaici esausti. Si tratta quindi di un progetto senza dubbio ambizioso: il sistema di gestione dei pannelli fotovoltaici esausti sarà possibile grazie a una mappatura di tutti gli impianti installati a livello nazionale. Mappatura che, per essere a prova d'errore e facilmente consultabile, sarà geo-referenziata e affiancata dall'implementazione di un sistema di tracciabilità dei moduli a fine vita. Ma non è tutto.

A parte questa operazione di monitoraggio, l'accordo prevede anche che il Consorzio si occupi della raccolta dei moduli, e successivamente del frazionamento dei prodotti e del riciclo - in Italia - di tutte le loro componenti metalliche e di vetro. La cella fotovoltaica, invece, per essere smaltita, per ora verrà inviata all'estero, poiché ad oggi, lungo tutto lo stivale, non esistono impianti in grado di compiere questo processo. Ma, in prospettiva, si sta già lavorando per realizzarne uno. A tal proposito, infatti, l'accordo prevede anche l'istituzione di un tavolo tecnico che analizzi anche le tecnologie di trattamento e riciclo per moduli fotovoltaici a fine vita esistenti sul mercato e realizzi uno studio di fattibilità per un impianto pilota. 

Lo studio si prefigge anche il compito di analizzare le diverse tipologie di moduli di vecchia e nuova generazione, per caratterizzarne la componentistica del loro trattamento, riciclo e smaltimento e creare un sistema nazionale di raccolta e stoccaggio dei moduli esausti. Cobat e IFI, inoltre, si impegneranno in una campagna di comunicazione e sensibilizzazione circa lo smaltimento e il riciclo degli impianti fotovoltaici, in modo che tutti sappiano che esiste un sistema nazionale in grado di offrire un supporto legislativo, tecnico-scientifico ed amministrativo a chiunque ne abbia bisogno: privati, aziende e anche Pubblica Amministrazione. In altri termini, quindi, sembrerebbe proprio che stia prendendo vita un vero e proprio servizio ambientale che, vista la crescente diffusione di pannelli fotovoltaici in Italia, sarà sempre più indispensabile per non vanificare l'immenso sforzo che si sta facendo per produrre energia pulita e per rendere l'Italia indipendente dal punto di vista energetico.

In conclusione, a spaventare non è la sostituzione degli impianti: nell'era del consumismo, infatti, ci siamo abituati a dare una fine praticamente a tutto e certamente la vita media dei moduli non fa paura a nessuno. Quello su cui però ci si interroga è semmai la loro fine: come verrà smaltito questo ammasso di silicio e altro? Già, altro cosa? Vetro temperato, profili metallici, cavi e giunti. Per quanto riguarda il silicio, il suo smaltimento non ha mai rappresentato e quindi non rappresenta un problema: praticamente si tratta di sabbia, e dunque lo smaltimento avviene esattamente come per le schede dei computer o dei circuiti stampati. La lastra di vetro temperato, invece, segue le stesse sorti del cristallo: si può tranquillamente riciclare. I cavi, i giunti, sono normalmente usati anche in altri settori, e il loro smaltimento o riuso non ha mai rappresentato un ostacolo. Pertanto, il problema dello smaltimento dei moduli fotovoltaici non deve essere visto come un possibile danno ambientale, occorre solo che i pannelli esausti arrivino nel posto giusto e che siano giustamente gestiti. Ecco perché la creazione della filiera italiana dovrebbe portare benefici anche rispetto all'identificabilità e alla tracciabilità dei moduli fotovoltaici che, dopo la loro disinstallazione, potranno così essere riciclati e recuperati.

martedì 7 febbraio 2012

Solon Solbond Integra è un innovativo sistema fotovoltaico per i tetti, leggero e sicuro

Sono in molti ad essere attratti dall'opportunità di installare un impianto fotovoltaico sul tetto della propria abitazione o su quello del proprio fabbricato industriale. Ma allo stesso tempo altrettanti si sentono frenati, perché assaliti da una serie di dubbi di diversa natura. C'è infatti chi vuole capire meglio come funziona il meccanismo incentivante e come funzionerà nei prossimi anni, c'è chi ha perplessità su come dovranno essere smaltiti i moduli una volta giunti a fine vita, c'è poi chi teme che qualcosa possa andare storto, e quindi di trovarsi a dover fronteggiare un danno, piuttosto che trarre vantaggi e benefici dall'installazione. Alcuni temono, addirittura, che l'impianto possa in qualche modo daneggiare il tetto, o persino compromettere la staticità dell'intera struttura abitativa. Lo diciamo subito: gli impianti fotovoltaici, in generale, non hanno un peso tale da poter gravare in maniera pericolosa, così come sono rarissimi - se non addirittura inesistenti - i casi in cui si riscontrano danni ai tetti causati dall'installazione di questi sistemi. Pertanto, se a frenarvi e a far si che rimandiate l'investimento sono dilemmi di questo tipo, non esitate: procedete pure con l'acquisto del vostro impianto e state tranquilli. Unico avvertimento: per evitare problemi, mettetevi sempre nelle mani di esperti. 

Se, però, non siete ancora del tutto convinti, qualche incertezza ancora permane, e, soprattutto, se siete tra coloro che stanno progettando una nuova copertura in metallo dotata di impianto fotovoltaico per un magazzino, un capannone, ma anche per la vostra abitazione, potete comunque optare per l'installazione di impianti particolarmente leggeri, che tra l'altro non comportano fori, buchi, e quant'altro possa cambiare, se pur di poco, la fisionomia e la continuità della vostra copertura. Recentemente, infatti, sono stati messi in commercio dei particolari moduli fotovoltaici che, grazie al particolare sistema di incollaggio impiegato, possono essere montati velocemente e non richiedono perforazioni sul tetto. Ciliegina sulla torta, sono anche leggeri. 

Questo innovativo sistema fotovoltaico, il cui nome è Solon Solbond Integra, è frutto della collaborazione tra Solon e Tata Steel, che insieme hanno messo a punto un sistema composto da moduli fotovoltaici Solon, e da un tetto realizzato in acciaio prefinito Colorcoat Prisma, marchiato appunto Tata Steel. In questo modo, gli impianti fotovoltaici risultano essere particolarmente leggeri e privi di cornice (i moduli senza cornice, infatti, pesano meno di 10 kg/mq) e anche l'installazione è piuttosto semplice, perché i pannelli vengono montati sul tetto tramite uno speciale adesivo. E questa speciale innovazione non compromette la resa dell'impianto: i moduli Solon garantiscono, infatti, un'elevata densità di potenza, che raggiunge i 155 Wp/mq. 

Infine, al di là degli aspetti puramente tecnici di questa soluzione (Solon Solbond Integra può essere utilizzato su coperture in lamiere grecate, pannelli sandwich e lamiere aggraffate) vi è un ulteriore vantaggio offerto da questo sistema e cioè la protezione dell'investimento fino a 25 anni, grazie ad una garanzia completa sui singoli elementi del sistema. Sono infatti garantiti sia l'acciaio Colorcoat Prisma D, sia sil sistema di incollaggio con silicone, sia i moduli Solon, che godono a loro volta di una garanzia di dieci anni sul prodotto, e di 25 anni sulla potenza. Detto questo, se questa soluzione fa al caso vostro, sappiate che è già disponibile in tutta Europa, e dunque anche in Italia.

Credi che possa essere utile introdurre nelle scuole superiori una materia che si chiamerebbe "Educazione al Risparmio Energetico" al fine di informare i ragazzi in merito all'uso consapevole e responsabile anche dell'energia prodotta da fonti rinnovabili?